Donare il sangue: perchè è così importante?

Il sangue, tessuto connettivo allo stato liquido, costituisce circa il 5-7% del volume corporeo. In un organismo adulto ne circolano, in media, 4-5 litri e alla sua presenza, al suo movimento e alla sua efficienza è legata la nostra vita. Il sangue è composto da una parte corpuscolata o cellulare – globuli rossi, globuli bianchi, piastrine – che rappresenta circa il 45% del totale, e una liquida chiamata plasma. Si è calcolato che nel mondo, approssimativamente, ogni 2 secondi qualcuno ha bisogno di sangue. Le trasfusioni di sangue, infatti, rappresentano una terapia salvavita in numerose evenienze. Il sangue è indispensabile nei servizi di primo soccorso e di emergenza/urgenza, in molti interventi chirurgici e trapianti di organo e di midollo osseo, nella cura delle malattie oncologiche ed ematologiche e in varie forme di anemia cronica, immunodeficienze, emofilia. L’utilizzo di sacche di sangue fresco (globuli rossi, piastrine) o plasma in regime di chirurgia può variare, a seconda delle situazioni, da un paio di unità, fino alle 10 e anche 20 nel caso di interventi complessi come i trapianti o la protesi d’anca.Il sangue, con i suoi componenti, costituisce per molti ammalati un fattore unico e insostituibile di sopravvivenza. I globuli rossi servono per la cura di diversi tipi di anemia, le piastrine per diverse malattie emorragiche, il plasma quando vi siano state grosse variazioni quantitative dovute ad ustioni, tumore del fegato, carenza dei fattori della coagulazione non diversamente disponibili. I globuli rossi per la cura delle anemie durano 42 giorni in banca del sangue, mentre le piastrine per la cura delle emorragie durano sette giorni. Senza abbondanti rifornimenti di sangue non potremmo curare le emergenze, non potremmo fare la chirurgia complessa come gli interventi di cardio-chirurgia, trapianti, ma anche oncologia, trapianti di midollo o cura di pazienti anemici congeniti. La donazione del sangue è un gesto volontario, gratuito, periodico ed anonimo. Il sangue spesso è fondamentale in occasione di gravi traumi ed incidenti, in numerosi interventi chirurgici, nei trapianti di organi, nelle anemie croniche, nelle malattie oncologiche e in molti altri casi. In Italia servono circa 8000 unità di sangue ogni giorno. Donare il sangue è molto importante per garantirne una continua disponibilità, con scorte adeguate e di qualsiasi gruppo sanguigno. E’ la garanzia che sempre, per chiunque, ci sarà il sangue giusto e disponibile ad essere trasfuso in caso di occorrenza. D’altra parte per il donatore, oltre all’aspetto etico e morale di aiutare il prossimo, c’è il vantaggio di essere controllato regolarmente da un medico e di sottoporsi ad una serie di esami del sangue (gratuiti) grazie ai quali, alcune alterazioni iniziali per esempio della glicemia, della pressione arteriosa, del colesterolo possono essere subito evidenziate e affrontate tempestivamente dal medico curante. Per ottenere sangue o derivati del sangue bisogna per forza avere donatori sufficienti, non c’è alternativa alla terapia trasfusionale perché non possiamo comprare il sangue sul mercato o andare in farmacia per reperirlo. Se tutti diamo una mano alle Associazioni per promuovere la donazione del sangue, forse le persone inizieranno a pensare che il dovere della donazione è di ciascuno di noi, non degli altri. Noi tutti, se siamo sani e in buone condizioni di salute, siamo potenziali donatori. Non resta che diventarlo!Questo gesto significa che qualcuno (o più di qualcuno) riceverà l’aiuto di cui ha bisogno. E questo è il beneficio più potente che si possa ottenere. Quando si sta lì seduti sulla poltrona e si offre il braccio, si fa un gesto di grande importanza. La donazione fa bene a tutti! Fa bene al donatore e ancor di più a tutti coloro che hanno bisogno di questo dono prezioso.

Il cambiamento climatico e le sue conseguenze

Per “cambiamenti climatici” si intendono i cambiamenti a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici. Questi cambiamenti possono avvenire in maniera naturale, ad esempio tramite variazioni del ciclo solare. Tuttavia, a partire dal diciannovesimo secolo, le attività umane sono state il fattore principale all’origine dei cambiamenti climatici, imputabili essenzialmente alla combustione di combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas. Il primo passo da compiere è comprendere bene cosa sono i cambiamenti climatici, un passaggio essenziale per sapere a cosa ci si riferisce esattamente quando si cita il climate change. Il cambiamento climatico è iniziato nel 1800, quando a causa di un’industrializzazione basata sull’utilizzo dei combustibili fossili le attività umane hanno cominciato a produrre ingenti emissioni di gas serra nell’atmosfera. L’attuale cambiamento climatico in corso, però, è diverso rispetto a quelli registrati in passato.

Quali sono le cause del cambiamento climatico?

La cause dei cambiamenti climatici sono numerose e legate tra loro, tuttavia all’origine di questo processo c’è l’impiego delle fonti fossili, ovvero l’utilizzo di carbone, petrolio e gas. La combustione di questi composti, creatisi nel corso di milioni di anni, genera una quantità elevata di gas climalteranti (ovvero gas con la capacità di alterare il clima) che vengono rilasciati nell’atmosfera. Quando si stabilisce da cosa è causato il cambiamento climatico, infatti, l’effetto serra è il primo fenomeno che bisogna considerare.
Per comprendere le cause delle variazioni climatiche è necessario quindi capire cosa sono i gas serra. Si tratta di gas che permangono a lungo nell’atmosfera terrestre impedendo al calore di fuoriuscire, tra cui si annoverano il vapore acqueo, il protossido d’azoto, l’anidride carbonica e il metano. Ovviamente non è soltanto la combustione delle fonti fossili a provocare il riscaldamento globale e le mutazioni del clima, infatti tra le principali cause dei cambiamenti climatici si possono distinguere:

  • Disboscamento per le attività agricolo e zootecniche, con la riduzione della capacità delle foreste di sottrarre CO2 dall’atmosfera;
  • Produzione di energia elettrica e termica tramite la combustione di carbone, gas naturale e petrolio;
  • Produzione di beni attraverso l’utilizzo di fonti non rinnovabili, sia prodotti di consumo che materie prime e semilavorati;
  • Attività agricole in quanto prevedono l’impiego di fonti fossili, il disboscamento e l’utilizzo di prodotti chimici e farmaceutici;
  • Trasporti pubblici e privati con mezzi dotati di motori endotermici alimentati con i combustibili fossili (benzina, diesel, metano, GPL, kerosene);
  • Edifici residenziali e aziendali, a causa dell’elevato consumo di elettricità e gas metano;
  • Stili di vita orientati a un consumismo eccessivo che pesa sul pianeta e richiede una quantità di risorse ed energia non sostenibile.

Quali sono le conseguenze del cambiamento climatico?

Gli effetti del cambiamento climatico sono innumerevoli, alcuni dei quali potrebbero diventare irreversibili. Uno di questi è la forte riduzione dei ghiacciai, con l’Artide e l’Antartide che sono sempre più minacciati dal surriscaldamento globale. Lo scioglimento dei ghiacciai delle regioni polari, inoltre, comporta una serie di gravi problemi per tutto il pianeta, come l’innalzamento del livello del mare e il rilascio nell’atmosfera di grandi quantità di gas climalteranti racchiusi nei ghiacci perenni. Tra le conseguenze dei cambiamenti climatici c’è anche l’aumento dei fenomeni meteorologici violenti. In molte zone geografiche si stanno verificando con maggiore frequenza eventi catastrofici come inondazioni, precipitazioni estreme, temporali, tifoni, uragani e tempeste.
I disastri causati dal cambiamento climatico sono anche riconducibili alle siccità prolungate che affliggono alcune aree geografiche della Terra, con lunghi periodi di totale assenza di precipitazioni che mettono a rischio milioni di persone in tutto il mondo e rafforzano processi come la desertificazione e le tempeste di sabbia. Bisogna considerare anche i danni dei cambiamenti climatici di tipo economico, infatti gli eventi meteorologici violenti e le mutazioni del clima costano miliardi di euro di soldi pubblici e privati, risorse che vengono sottratte agli investimenti in educazione, salute e welfare sociale.
Non vanno trascurati gli effetti dei cambiamenti climatici sull’uomo, come la scarsità di cibo in alcune regioni o la riduzione dei pesci a causa dell’acidificazione degli oceani, la povertà che costringe milioni di persone a migrare per motivi climatici e i rischi per la salute fisica e mentale legati alla malnutrizione e alle conseguenze dei fenomeni meteorologici estremi.

Cambiamenti climatici: cosa succederà?

I cambiamenti climatici in futuro provocheranno situazioni molto diverse nelle varie regioni della Terra, con alcune zone che potranno trarre beneficio dalle mutazioni del clima e altre invece che saranno compromesse e penalizzate dalle variazioni climatiche. Il cambiamento climatico continuerà per tutto il secolo in corso e anche oltre, con effetti di lungo termine come:

  • Temperature medie globali sempre più alte;
  • Allungamento della stagione senza gelo e di quella di crescita;
  • Variazioni dei modelli regionali di precipitazioni;
  • Maggiore siccità e ondate di calore più lunghe;
  • Aumento del livello del mare da 0,30 a 2,40 metri entro il 2100;
  • Serio rischio di perdita totale di ghiaccio nell’Artico.

Come combattere il cambiamento climatico

Nonostante la difficile situazione esistono delle possibili soluzioni per i cambiamenti climatici, in grado se non di arrestare completamente questi processi di ridurne gli effetti e mitigare le variazioni del clima
Oltre alle azioni globali, essenziali per garantire effetti adeguati delle politiche di sostenibilità, i rimedi al cambiamento climatico richiedono la partecipazione di tutti, soprattutto delle popolazioni dei paesi più ricchi e industrializzati. D’altronde, anche un piccolo gesto può fare la differenza nella lotta per salvare il pianeta dalle conseguenze del riscaldamento globale e delle mutazioni irreversibili del clima. Per sapere cosa possiamo fare per il cambiamento climatico, ecco alcuni suggerimenti in merito alle azioni individuali climaticamente positive:

  • Risparmiare enrgia elettrica e termica all’interno dell’abitazione, come l’utilizzo di luci a LED a basso consumo, energia da fonti rinnovabili e dispositivi ad alta efficienza energetica;
  • Scegliere le soluzioni di mobilità sostenibile come i mezzi pubblici, i veicoli elettrici, l’utilizzo del treno al posto dell’aereo quando possibile e la bici al posto dell’automobile;
  • Mangiare meno carne e seguire un’alimentazione sostenibile e salutare ricca di frutta, verdura, cereali integrali e legumi;
  • Viaggiare solo quando strettamente necessario, utilizzando laddove possibile le tecnologie digitali per evitare spostamenti non improrogabili;
  • Evitare lo spreco di cibo per preservare le risorse alimentari e ridurre le emissioni di carbonio causate dal settore agricolo e dall’industria alimentare;
  • Preferire le soluzioni circolari orientate al riciclo, al riuso e alla riparazione dei beni di consumo;
  • Scegliere una fornitura da energie rinnovabili e sostenibili per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, attivando una fornitura green e se possibile supportandola con un impianto fotovoltaico in casa;
  • Acquistare solo prodotti eco-friendly e rispettosi dell’ambiente.

IT Alert

IT-alert è un nuovo sistema di allarme pubblico per l’informazione diretta alla popolazione, che dirama ai telefoni cellulari presenti in una determinata area geografica messaggi utili in caso di gravi emergenze o catastrofi imminenti o in corso.IT-alert è attualmente in fase di sperimentazione. Quando sarà operativo, sarà impiegato per le seguenti tipologie di rischio nel campo della protezione civile, previste al momento dalla Direttiva del 7 febbraio 2023:

  • maremoto generato da un sisma;
  • collasso di una grande diga;
  • attività vulcanica, relativamente ai vulcani Vesuvio, Campi Flegrei, Vulcano e Stromboli;
  • incidenti nucleari o situazione di emergenza radiologica;
  • incidenti rilevanti in stabilimenti soggetti al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 (Direttiva Seveso);
  • precipitazioni intense.

IT-alert è in fase di sperimentazione da diversi mesi.
È stata realizzata l’infrastruttura che consente la connessione tra le CBE (cell broadcast entity), ridondata su due nodi, e i CBC (cell broadcast centre) degli operatori di telefonia.
Questo ha permesso inizialmente l’esecuzione di alcuni test che hanno riguardato l’implementazione tecnologica, l’invio e la ricezione dei messaggi in vari formati, l’analisi dei primi feedback, come avvenuto durante le esercitazioni di protezione civile “Vulcano 2022” e “Sisma dello Stretto 2022”.
Un grande sforzo è sul fronte della sicurezza dei sistemi e dei processi che saranno ulteriormente controllati e verificati nei prossimi test. A seguito e in parallelo rispetto all’attività che ha consentito di definire l’infrastruttura tecnologica, dal 2022 è iniziata l’attività di sperimentazione che ha coinvolto anche la popolazione.
Il sistema IT-alert è stato testato per la prima volta in un contesto operativo nel corso dell’Esercitazione “Vulcano 2022” che si è svolta sull’isola di Vulcano dal 7 al 9 aprile 2022. Durante l’esercitazione sono stati inviati ai dispositivi presenti sull’isola due messaggi: il primo con informazioni sull’evento eruttivo imminente simulato e sulle norme di comportamento da seguire (raggiungere le aree di emergenza previste dal piano di protezione civile); un secondo che avvisava i cittadini della fine delle attività esercitative. Dal 4 al 6 novembre 2022, invece, in Calabria e Sicilia, si è svolta l’esercitazione nazionale di protezione civile “Sisma dello Stretto 2022”. In questo contesto è stato sperimentato il sistema di allarme pubblico IT-alert per il rischio maremoto, testato per la prima volta su una platea di oltre 500.000 persone che al momento della simulazione del sisma si trovavano nei 22 comuni costieri coinvolti nell’esercitazione per la quale era stato simulato un terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro in provincia di Reggio Calabria in grado di generare un maremoto che avrebbe potuto colpire alcuni comuni costieri del reggino e del messinese. Durante le attività esercitative, questo sito – attraverso il quale sono state raccolte le risposte a un questionario informativo, è stato raggiunto da oltre 4 milioni e mezzo di utenti, per lo più attraverso l’uso di dispositivi mobili. Tra le altre cose, il 96% dei 20 mila utenti che hanno compilato il questionario ha dichiarato di aver ricevuto correttamente il messaggio IT-alert. Da giugno 2023, organizzati in raccordo tra Dipartimento della Protezione Civile, Regioni coinvolte, Commissione protezione civile della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, ANCI, verranno svolti i primi test regionali di invio del messaggio, secondo il seguente calendario:

  • 28 giugno Toscana;
  • 30 giugno Sardegna;
  • 5 luglio Sicilia;
  • 7 luglio Calabria;
  • 10 luglio Emilia-Romagna.

Entro la fine del 2023 verranno effettuati i test nelle altre Regioni e nelle Province Autonome di Bolzano e Trento. L’obiettivo del test è quello di far conoscere IT-alert come nuovo sistema di allarme pubblico che, in caso di gravi emergenze e catastrofi imminenti, potrebbe raggiungere i territori interessati. In questa fase non si entra nel dettaglio dei rischi e dei comportamenti da tenere. Una volta chiusa questa prima fase, nel 2024, IT-alert diventerà operativo sul territorio nazionale. IT-alert, infatti, non sostituirà le modalità di informazione e comunicazione già in uso a livello regionale e locale.

Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee

La Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario europee (DG ECHO) è una direzione generale della Commissione europea che si interessa di aiuti umanitari all’estero e protezione civile. L’obiettivo della DG ECHO è alleviare sofferenze umane e salvaguardare l’integrità e la dignità delle popolazioni affette da disastri naturali e crisi umanitarie. Il compito principale della direzione generale per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario europee è salvare vite umane, evitare e alleviare le sofferenze delle singole persone e salvaguardare l’integrità e la dignità delle popolazioni colpite da catastrofi naturali e crisi provocate dall’uomo. L’Unione europea insieme ai suoi Stati membri sono il primo donatore di aiuti umanitari al mondo. Ad oggi più di 80 Paesi hanno ricevuto aiuti umanitari europei. Per gli interventi umanitari, ECHO non attua direttamente i programmi di assistenza, ma finanzia le operazioni servendosi di una rete di oltre 200 partner (ONG, agenzie delle Nazioni Unite e organizzazioni internazionali come il movimento della Croce Rossa/Mezzaluna Rossa). Con oltre 450 dipendenti e collaboratori distribuiti in oltre 50 uffici in 40 Paesi terzi, la DG ECHO dispone di forte capillarità e presenza sul campo. Gli uffici distaccati della DG ECHO forniscono un’analisi aggiornata delle esigenze attuali e previste di un determinato paese o regione, concorrono allo sviluppo delle strategie di intervento e delle politiche, supportano sotto l’aspetto tecnico le operazioni finanziate da ECHO, garantiscono un adeguato controllo degli interventi in corso e favoriscono il coordinamento dei donatori a livello di zona. Oltre a finanziare gli aiuti umanitari, ECHO è responsabile del Meccanismo della protezione civile dell’Unione europea. Istituito nel 2001, il Meccanismo promuove la cooperazione tra le autorità di protezione civile nazionali di tutta Europa. Attualmente comprende 31 paesi ovvero tutti i 28 Stati membri dell’Unione europea e Islanda, Norvegia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Il Meccanismo nasce dalla volontà di favorire il coordinamento degli aiuti offerti dagli stati aderenti alle vittime di calamità naturali e antropiche in Europa e nel resto del mondo. Dalla sua creazione ad oggi, il Meccanismo della protezione civile dell’Unione europea ha risposto a oltre 420 richieste di assistenza sia all’interno che all’esterno dei confini dell’Unione europea. La Commissione europea ha avviato un’iniziativa per la creazione, tra il 2014 e il 2020, di oltre 18 000 posizioni per i cittadini europei quali volontari in tutto il mondo in situazioni umanitarie. L’iniziativa prevede la formazione collettiva dei volontari in un programma di formazione europeo prima di impiegarli con organizzazioni umanitarie certificate. Sono stati concordati aiuti finanziari, incentrati sullo sviluppo della resilienza e della capacità di protezione civile, per cinque progetti pilota che nel 2012 hanno coinvolto circa 150 volontari. Il Parlamento europeo (PE) ha votato a favore dell’iniziativa nel febbraio 2014. Le posizioni dei volontari comprendono l’impiego in tutto il mondo nell’ambito di operazioni umanitarie finanziati dall’Unione europea, lavorando presso organizzazioni umanitarie all’interno dell’UE o coadiuvando le operazioni online da casa. Le ONG che partecipano vengono sottoposte a una procedura di certificazione volta al fine di garantirne la conformità agli standard europei per la gestione dei volontari.

Terremoto Messina

Una scossa di terremoto di magnitudo 4 è stata registrata a 5 chilometri da Cesarò, in provincia di Messina, dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. L’ipocentro del sisma è stato localizzato a una profondità di 19 km. La scossa è stata avvertita dalla popolazione anche nei vicini comuni di San Teodoro, Bronte e Maniace. Non risultano danni o feriti. A distanza di pochi minuti dalla prima, una seconda scossa, di magnitudo 2, è stata registrata dall’Ingv, sempre nella stessa area, a 24 chilometri di profondità. La Sala situazione Italia del Dipartimento della protezione civile si è messa in contatto con le strutture locali del Servizio nazionale della protezione civile. La prima forte scossa di terremoto (magnitudo 4, a una profondità di 19 chilometri) si è registrata alle ore 6,07 del mattino nella zona di Cesarò, in provincia di Messina. Un minuto dopo, è seguita un’altra scossa (magnitudo 3.4, a una profondità di 22 chilometri) sempre nella stessa area. Una terza scossa si è registrata poi a Cesarò alle 6,11: in questo caso la magnitudo è stata più bassa (2). Le scosse di terremoto, però, sono proseguite nei minuti successivi: alle 6,28 si è verificata una scossa di terremoto di magnitudo 2.2 nella zona di San Teodoro (sempre in provincia di Messina), alle 6,48 una scossa di magnitudo 2.3 a Troina (provincia di Enna), alle 7,06 una scossa di magnitudo 2.1 ancora a San Teodoro, alle 7,15 e alle 8 altre due scosse (di magnitudo, rispettivamente, 2.2 e 2.1) a Troina.

Inquinamento da plastica

Tra gli argomenti trattati recentemente, c’è quello relativo all’inquinamento ambientale, all’interno della quale si è accennato alla produzione di plastica che è cresciuta considerevolmente nel corso degli ultimi anni causando un forte impatto ambientale.
L’inquinamento da plastica è diventato uno dei problemi ambientali più urgenti da affrontare, sia per la sua gravità, sia perché lo abbiamo ignorato per troppo tempo. Negli ultimi decenni la produzione e il consumo di oggetti in plastica ha visto una crescita esponenziale e ha prodotto fenomeni di inquinamento sulla terraferma e in mare soprattutto in molti paesi dell’Asia e dell’Africa, dove i sistemi di raccolta dei rifiuti sono spesso inefficienti o inesistenti.
Non esiste praticamente settore dell’attività umana che non sia stato influenzato da oggetti in plastica: dalla medicina, alle automobili, aerei, dispositivi di ogni tipo che hanno reso più facile le nostre vite. Alcuni prodotti sono stati costruiti per durare solo pochi minuti come ad esempio le buste di plastica per la spesa, ma sono destinati a durare nell’ambiente per centinaia di anni.
Il prezzo che stiamo pagando per questo diffuso uso della plastica è l’inquinamento in tutti i mari del mondo e, scoperto solo negli anni recenti, gli effetti delle microplastiche nelle catene alimentari, fino all’uomo.
Le materie plastiche, infatti quando si trovano in mare si degradano alla luce solare in particelle inferiori al mezzo centimetro e si diffondono su tutta la colonna d’acqua, ma sono state rinvenute in cima all’Everest e nell’Artico.
Si continuano poi a degradare in particelle sempre più minute ed entrano nell’acqua potabile e restano in sospensione nell’aria.
Per affrontare il problema dell’inquinamento di plastiche nell’ambiente, occorre il coinvolgimento di tutti gli attori: i ricercatori, i rappresentanti dell’industria, la consapevolezza e coinvolgimento dei cittadini e una forte volontà politica a livello nazionale e internazionale.
La maggior parte della plastica che è nell’oceano arriva dalla terraferma. Oppure viene trasportata dai fiumi più grandi, che agiscono da nastro trasportatore raccogliendo immondizia su immondizia man mano che scendono a valle. Una volta che sono in mare, molti dei rifiuti plastici rimangono in acque costiere. Ma nel momento in cui vengono catturati dalle correnti oceaniche, possono andare a finire in tutto il mondo.
Ma sono tante le azioni quotidiane che possiamo mettere subito in atto per combattere l’inquinamento da plastica e aiutare l’ambiente.
Vediamo qualche altro esempio:

  • Sostituisci tutti gli strumenti di uso quotidiano realizzati in plastica e derivati, come le spugnette per i piatti, gli spazzolini da denti, i cotton fioc. Ci sono tante alternative biologiche e sostenibili: come le spugne naturali e gli spazzolini in bambù o in altra fibra naturale, che possono essere conferiti nell’umido e sono biodegradabili.
  • Fai (bene) la raccolta differenziata. Segui le indicazioni del tuo Comune e non gettare mai la plastica nell’indifferenziato. Se correttamente smaltita, la plastica può essere infatti riciclata e riutilizzata.
  • Porta sempre con te una shopper di tela. Anche se ormai al supermercato vengono vendute solo buste biodegradabili, rappresenta un bel risparmio ed è anche più resistente!
  • Acquista detersivi, detergenti e saponi sfusi. Sempre più supermercati hanno questa opzione. Basta portare con sé recipienti riutilizzabili per fare scorta del detersivo che ci occorre senza sprecare.
  • Acquista cibo sfuso. Verdura, frutta fresca e secca, ma anche cereali, muesli e cibo per cani e gatti: il cibo sfuso è un risparmio assicurato. Basta portare con sé recipienti riutilizzabili in vetro e acquistare solo la quantità che occorre davvero.

L’inquinamento della plastica è uno di quegli aspetti in cui ogni cittadino può fare la differenza. Anche se a fare la differenza saranno i cambiamenti a livello industriale e produttivo, con aziende e marchi che devono cambiare la rotta della filiera produttiva sostituendo i prodotti in plastica con altri realizzati in materiali alternativi, ci vuole l’impegno anche delle pubbliche amministrazioni, che devono organizzare la raccolta e il riciclo dei prodotti plastici in modo efficiente e quello di ognuno di noi. Da soli possiamo fare poco, ma l’umanità, insieme, può fare tutto.

Giornata di azione europea per la raccolta della plastica

Il 5 luglio è stata istituita, dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la giornata di azione europea per la raccolta dei coperchi di plastica. La ricorrenza nasce per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema plastica e inquinamento. Dato preoccupante è che le indagini dimostrano come siamo coscienti dell’impatto negativo della plastica; tuttavia, le abitudini sono dure a morire, e nonostante la consapevolezza, continuiamo ad abusare della plastica. Numerose campagne e pubblicità sono state girare per mostrare in maniera più forte e cruda possibile l’impatto, ad esempio, sulla vita marina di tale inquinamento, ma niente ha smosso le coscienze. La Commissione Europea, in una situazione di totale emergenza, nel 2015 decise di adottare così un piano d’azione. L’obiettivo è sempre lo stesso e ha una data precisa 2030: Sviluppo Sostenibile dell’Accordo di Parigi. Quello della plastica, e del relativo inquinamento, è un problema che interessa tutti i Paesi del mondo. Ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici viene riversata nei mari e negli oceani. Essi rappresentano addirittura l’80% dei materiali ritrovati sulle spiagge. Basti pensare che, si stima, come in tutto il mondo ogni minuto sono acquistate circa un milione di bottiglie. Lo stesso segretario generale dell’ONU ricorda che “le microplastiche nei mari superano già le stelle della nostra galassia”. Solo il 15% di questi prodotti viene riciclato; per tale motivo chiede l’abolizione dei prodotti monouso. Il 43% dei rifiuti marini è composto da 10 tipi diversi di articoli monouso. Ovvero: contenitori alimentari, cotton fioc, postate, piatti, cannucce, palloncini, imballaggi e involucri. E ancora: bottiglie per bevande, buste della spesa, tazze e coperchi per bevande da asporto. Le plastiche ottenute da carburanti fossili ha ormai un secolo di vita. La produzione e lo sviluppo di migliaia di nuovi prodotti in plastica ha avuto un’accelerazione decisiva dopo la Seconda guerra mondiale.
La plastica ha veramente rivoluzionato il mondo al punto tale che senza oggi sarebbe irriconoscibile. Ha permesso passi da gigante alla medicina con dispositivi salvavita, ha reso più leggere le automobili e i jet, consentendo di risparmiare carburante e inquinare di meno; salvato vite con caschi, incubatrici e attrezzature per rendere potabile l’acqua. Le comodità offerte dalla plastica, però, hanno portato a una cultura dell’usa e getta che rivela il lato oscuro di questo materiale: oggi le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno. La responsabilità dell’inquinamento da plastica è collettiva. I governi dovrebbero guidare e gestire la situazione, ma le comunità locali non sono esenti da colpe. Ovviamente sono soprattutto le aziende che inquinano maggiormente. Ogni anno dalle industrie vengono scaricati, solo nel Mediterraneo, quasi 40 milioni di oggetti di plastica, insieme ad altre sostanze inquinanti dell’acqua. Ovviamente il compito dell’industria è lavorare, il problema è il modo di farlo. Le imprese non investono nella gestione dei rifiuti che producono e utilizzano esclusivamente plastica vergine, perché il processo produttivo costa meno. L’idea è riutilizzare e riciclare, fino al 2030, tutti i contenitori utilizzati. L’UE ha inoltre messo al bando i 10 prodotti monouso già prima citati. Tra le misure adottate troviamo anche un obiettivo di raccolta separata delle bottigliette. Si stima di raggiungere il 77% entro il 2025, e il 90% entro il 2029. L’obiettivo prevede l’introduzione di prescrizioni di progettazione per garantire che i tappi restino fissati alle bottiglie. Anche che il 25% della plastica riciclata sia integrata nelle bottiglie PET a partire dal 2025. La direttiva sul monouso è fondamentale per il piano d’azione per l’economia circolare. E rientra in quella che è stata definita come la strategia più completa al mondo sui rifiuti plastici. Non dimentichiamo che la plastica è sostituibile con prodotti che svolgono le stesse funzioni, ma fabbricati con materiali alternativi come il vetro o il ferro. Infine, incrementare le tasse sulle materie plastiche che inquinano maggiormente.

La Meteorologia

La storia della meteorologia s’intreccia con quella dell’astrologia, poiché sin dall’antichità le due scienze procedettero all’unisono:agli astri era attribuito il potere di influire non solo sulle vicende umane, ma anche sui fenomeni atmosferici. Entrambe erano cioè una forma di divinazione del futuro, sicché esisteva un apposito ramo di studi chiamato astrologia meteorologica, mentre la sua versione folclorica e popolare viene denominata meteorognostica. La meteorologia è la scienza che studia i fenomeni atmosferici, come le nubi, i venti, le precipitazioni e i processi che li producono. Non deve essere confusa con la climatologia, che studia la distribuzione dei fenomeni atmosferici dell’intero pianeta nell’arco di diversi anni e le variazioni che si sono succedute nel tempo. Tutti i fenomeni meteorologici si originano nell’atmosfera, in particolare nei suoi strati più bassi, la troposfera e la tropopausa, che sono a diretto contatto con la superficie terrestre. Per comprendere questi fenomeni è necessario anche studiare le interazioni tra atmosfera, superficie terrestre, oceani, biosfera, l’uomo e le sue attività. Lo scopo più evidente della meteorologia è la previsione del tempo, ma la meteorologia è una scienza molto complessa, che integrandosi con la climatologia cerca di comprendere i meccanismi dell’atmosfera attraverso modelli e studiando come il clima si modifica, sia per cause naturali sia per cause antropiche. Poter prevedere il tempo che farà è sempre stato una necessità dell’uomo, per poter gestire e programmare tutte le sue attività, dal divertimento allo sport, alle attività agricole e a quelle industriali all’aria aperta. Ora le nostre conoscenze sul tempo e sui fenomeni meteorologici sono molto avanzate, anche se ancora lontane da una totale comprensione, così che le previsioni del tempo sono sempre più affidabili. In Italia l’organo ufficiale preposto alla formulazione delle previsioni meteorologiche è il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, in collegamento con l’Organizzazione Meteorologica Europea e Mondiale. Il Servizio Meteorologico pubblica quotidianamente il Bollettino Meteorologico ufficiale, avvalendosi dei dati raccolti da stazioni a terra (ubicate in ogni aeroporto e integrate da altre sparse sul territorio nazionale). Alcune di queste sono dotate di strumentazione per rilevamenti radar e per il lancio di palloni sonda. I dati sono poi integrati dalle rilevazioni effettuate dalla rete mondiale dei satelliti meteorologici, in particolare dai satelliti europei METEOSAT. Per le previsioni a breve scadenza, con indicazioni valide fino a 12-24 ore, si impiegano soprattutto carte sinottiche del tempo in superficie e in quota. Per questo tipo di previsione sono ancora fondamentali l’esperienza e la capacità personale del meteorologo: sono quindi previsioni molto soggettive, la cui affidabilità dipende molto dall’abilità del meteorologo. Per le previsioni a media scadenza, valide fino a un massimo di 3-5 giorni, si utilizzano prevalentemente metodi matematico-numerici. In questo caso, la previsione si fonda su un modello matematico dell’atmosfera, che rappresenta lo stato del tempo con una serie di equazioni dove le incognite sono temperatura, pressione, densità dell’aria e velocità dei venti. Questi metodi richiedono l’uso di calcolatori molto potenti e veloci, perché la simulazione richiede un enorme quantità di calcoli: l’evoluzione di computer di grande potenza per uso civile è avvenuta proprio grazie alla ricerca per soddisfare le necessità di calcolo in campo meteorologico. Per le previsioni a lunga scadenza, valide da una settimana a un mese, si utilizzano invece analisi statistiche, utilizzando serie temporali di dati meteorologici: in pratica, si studiano le condizioni medie del tempo nel passato per prevedere il possibile comportamento del tempo in situazioni meteorologiche analoghe: è un tipo di previsione più adatta allo studio del clima, che per risolvere i problemi di previsione del tempo.

Incendi boschivi e buone pratiche da adottare

Il 30% della superficie del nostro Paese è costituito da boschi, caratterizzati da un’ampia varietà di specie che nel corso dei millenni si sono adattate alla straordinaria variabilità dei climi, da quelli subaridi dell’estremo sud della penisola a quelli nivali dell’arco alpino. Un incendio boschivo è un fuoco che tende ad espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate che si trovano all’interno delle stesse aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle aree (art. 2 della Legge n. 353 del 2000). Un incendio boschivo è un fuoco che si propaga provocando danni alla vegetazione e agli insediamenti umani. In quest’ultimo caso, quando il fuoco si trova vicino a case, edifici o luoghi frequentati da persone, si parla di incendi di interfaccia. Più propriamente, per interfaccia urbano-rurale si definiscono quelle zone, aree o fasce, nelle quali l’interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali è molto stretta: sono quei luoghi geografici dove il sistema urbano e naturale si incontrano e interagiscono. Tutte le regioni italiane sono interessate dagli incendi, anche se con gravità differente e in periodi diversi dell’anno. Le condizioni ambientali e climatiche della penisola italiana favoriscono lo sviluppo di focolai principalmente in due stagioni dell’anno. Nelle regioni settentrionali dell’arco alpino – ma anche nelle zone appenniniche in alta quota – gli incendi boschivi si sviluppano prevalentemente nella stagione invernale – primaverile, la più siccitosa, quando la vegetazione è stata seccata dal gelo. Mentre in estate i frequenti temporali riducono il rischio di incendio. Al contrario, nelle regioni peninsulari centro – meridionali, dove il clima è mediterraneo, il fuoco si sviluppa prevalentemente nella stagione estiva, calda e siccitosa. Alcune regioni italiane sono interessate dal fenomeno sia durante la stagione invernale sia durante la stagione estiva.
Le cause degli incendi possono essere naturali o umane.
Gli incendi naturali si verificano molto raramente e sono causati da eventi naturali e quindi inevitabili:

  • Fulmini. Possono provocare incendi quando si verificano temporali senza che contemporaneamente si abbiamo precipitazioni. Gli incendi causati da fulmini si verificano prevalentemente nelle zone montane, dove gli alberi conducono con facilità le scariche elettriche. Si tratta di fenomeni molto rari in un tipo di clima mediterraneo come il nostro.
  • Eruzioni vulcaniche. La lava incandescente entra in contatto con la vegetazione infiammabile.
  • Autocombustione. Non si verifica mai in un clima mediterraneo.

Gli incendi di origine umana possono essere:

  • Colposi (o involontari). Sono causati da comportamenti dell’uomo, irresponsabili e imprudenti, spesso in violazione di norme e comportamenti. Non finalizzati ad arrecare volontariamente danno. Le cause possono essere:
  • Attività agricole e forestali. Il fuoco viene impiegato per bruciare le stoppie, distruggere i residui vegetali provenienti da lavorazioni agricole e forestali, e per rinnovare i pascoli e gli incolti. Spesso queste operazioni vengono effettuate in aree contigue a boschi ed incolti, facile preda del fuoco, soprattutto nei periodi a maggior rischio.
  • Abbandono di mozziconi di sigarette e fiammiferi. Cerini e mozziconi di sigarette abbandonati o lanciati lungo i sentieri, le piste forestali, e le linee ferroviarie possono cadere sull’erba secca o altri residui vegetali e innescare un incendio, anche per effetto degli spostamenti d’aria provocati dai veicoli o dal vento.
  • Attività ricreative e turistiche (barbecue non spenti bene), lanci di petardi, rifiuti bruciati in discariche abusive, cattiva manutenzione di elettrodotti.
  • Dolosi (volontari). Gli incendi vengono appiccati volontariamente, con la volontà di arrecare danno al bosco e all’ambiente. Le cause:
  • Ricerca di profitto. L’obiettivo è quello di utilizzare l’area distrutta dal fuoco per soddisfare interessi legati alle speculazione edilizia, al bracconaggio, o per ampliare le superfici coltivabili.
  • Proteste e vendette. L’azione nasce dal risentimento nei confronti dei privati, della Pubblica Amministrazione o dei provvedimenti adottati, come l’istituzione di aree protette. In molti casi si vuole danneggiare un’area turistica. In altri casi i comportamenti dolosi sono da ricondurre a problemi comportamentali come la piromania e la mitomania.

Nella classificazione degli incendi ci sono anche di incendi di origine ignota, per i quali non è possibile individuare una causa precisa. I fattori predisponenti degli incendi sono l’insieme degli aspetti che favoriscono l’innesco di un incendio e la propagazione del fuoco. Sono gli elementi di riferimento per elaborare gli indici di previsione del rischio:

  • Caratteristiche della vegetazione: presenza di specie più o meno infiammabili e combustibili, contenuto d’acqua, stato di manutenzione del bosco.
  • Condizioni climatiche: i fattori che hanno maggiore influenza sugli incendi sono il vento, l’umidità e la temperatura: l’umidità, sotto forma di vapore acqueo, influisce sulla quantità di acqua presente nel combustibile vegetale: quanto minore è il contenuto di acqua nei combustibili tanto più facilmente essi bruciano; il vento rimuove l’umidità dell’aria e porta ad un aumento di ossigeno, dirige il calore verso nuovo combustibile e può trasportare tizzoni accesi, e creare nuovi focolai di incendio. Le caratteristiche del vento più significative sono la direzione e la velocità. La direzione determina la forma che l’incendio assume nel suo evolversi; la velocità del vento ne condiziona invece la rapidità di propagazione; la temperatura del combustibile e quella dell’aria che lo circonda sono fattori chiave, che determinano il modo in cui il fuoco si accende e si propaga, influendo direttamente sul tempo di infiammabilità dei materiali vegetali.
  • Morfologia del terreno: la morfologia del terreno influisce sugli incendi soprattutto con la pendenza (nei terreni in pendenza aumenta la velocità di propagazione) e l’esposizione (i versanti a sud ovest sono più esposti all’azione del sole e quindi meno umidi).

I danni provocati dagli incendi vanno ad incidere sulla vegetazione, sulla fauna, sul suolo, sull’atmosfera e sul paesaggio. L’entità del danno dipende sia dal comportamento e dalle caratteristiche del fronte di fiamma (velocità, avanzamento, altezza e lunghezza di fiamma, profondità del fronte), sia dalle caratteristiche dell’ambiente interessato dall’incendio. I danni generati dal passaggio del fuoco possono essere misurati in termini temporali e spaziali: i primi possono manifestarsi immediatamente o a più lungo termine, i secondi possono avere ripercussioni all’interno dell’area percorsa o nelle zone limitrofe.

Campi scuola “Anch’io sono la protezione civile”

Al via la tredicesima edizione di “Anch’io sono la protezione civile”, il progetto organizzato dal Dipartimento della Protezione Civile in collaborazione con le Regioni, la Provincia Autonoma di Bolzano e le organizzazioni nazionali e locali di volontariato. Più di 7mila i ragazzi dai 10 ai 16 anni che, dall’11 giugno al 5 settembre, potranno partecipare ad uno degli oltre 270 campi scuola attivati su tutto il territorio nazionale, grazie all’impegno delle volontarie e dei volontari di protezione civile. In un percorso formativo di una settimana, articolato in attività didattiche, esercitazioni pratiche e momenti ludico-ricreativi, i giovani partecipanti potranno acquisire una maggiore consapevolezza del ruolo attivo che ognuno di loro può svolgere quotidianamente nella propria comunità, per tutelare sé stessi e l’ambiente in cui vivono. Un progetto che, commenta il Capo Dipartimento Fabrizio Curcio, «ha una duplice valenza: diffondere tra i giovani la cultura della prevenzione e avvicinarli al mondo del volontariato organizzato, preziosa risorsa per il nostro Sistema. Le recenti alluvioni in Emilia-Romagna, oltre a restituirci la fotografia di un Paese vulnerabile e sempre più soggetto ad eventi atmosferici estremi, ci hanno mostrato ancora una volta una spinta solidale importante che, per essere realmente efficace, non solo nel breve ma anche nel lungo periodo, deve poter contare su un’adeguata formazione e preparazione».
Rendere i ragazzi consapevoli del ruolo attivo che ognuno può svolgere, a partire dai piccoli gesti consapevoli di ogni giorno, per la tutela dell’ambiente, del territorio e della collettività. È l’obiettivo dei campi scuola “Anch’io sono la Protezione Civile”, organizzati dal Dipartimento della Protezione Civile, in collaborazione con le Regioni e le organizzazioni nazionali e locali di volontariato, dalla sua prima edizione nel 2007 ha coinvolto e formato oltre quarantamila giovani tra i 10 e i 16 anni. “Anch’io sono la protezione civile” individua negli studenti delle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado il proprio target di riferimento. In questa edizione 2023, tra giugno e settembre, oltre 270 campi scuola distribuiti sul territorio nazionale accoglieranno 7mila ragazze e ragazzi tra i 10 e i 16 anni che si confronteranno con chi fa quotidianamente protezione civile: Vigili del Fuoco, Corpo Forestale dello Stato, Forze di Polizia,118, Croce Rossa Italiana, rappresentanti di Comuni, Regioni e numerosi altri attori del Servizio Nazionale della Protezione Civile. Divertimento e formazione sono le parole d’ordine dei campi scuola che offrono ai giovani partecipanti tante attività ludiche e un fitto programma didattico dedicato alla conoscenza del sistema di protezione civile e, in particolare, dei piani comunali di emergenza e del territorio. Tra gli obiettivi formativi del progetto: incentivare la tutela del patrimonio boschivo e naturalistico; contribuire alla prevenzione dei rischi anche attraverso la diffusione di buone pratiche di protezione civile; favorire la conoscenza dei compiti del Servizio Nazionale; sensibilizzare sul tema dei piani di emergenza così da facilitare anche un confronto con le amministrazioni locali.

SASS – SERVIZI AUSILIARI SECURITY & SAFETY (PROTEZIONE CIVILE – ODV)

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