Sentiamo sempre più spesso parlare di “ondate di calore”. Ma che cosa è esattamente un’ondata di calore? Esiste una definizione valida a livello globale? Queste domande non sono di così facile risposta.
Ci sono due tipi di approccio per definire un’ondata di calore, uno di tipo epidemiologico, l’altro climatologico.
L’approccio epidemiologico, che ha radici più lontane nel tempo, si basa sugli effetti che temperature elevate (o percepite tali) hanno avuto in un certo luogo sulla salute umana.
Vengono quindi individuate delle soglie assolute di temperatura o temperatura percepita (effetto combinato di temperatura, umidità, vento) oltre le quali è stato registrato in precedenza un aumento dei casi di mortalità e/o morbilità. In questo caso, l’accezione di ondata di calore varia da paese a paese e non esiste quindi una definizione comune in quanto i climi sono diversi così come l’adattamento delle persone che vivono in particolari climi (il caldo, ad esempio, causa meno problemi per la salute nei paesi più caldi rispetto a quelli con un clima più fresco).
Il secondo approccio, quello climatologico, è nato più recentemente, anche in seguito all’esigenza di uniformare a livello globale il concetto di “evento estremo” – tra cui anche quello di ondata di calore – per poter confrontare i risultati emersi negli studi climatici relativi agli eventi meteorologici estremi nei diversi paesi.
Il caldo causa problemi alla salute nel momento in cui altera il sistema di regolazione della temperatura corporea. Normalmente il corpo si raffredda sudando, ma in certe condizioni ambientali questo meccanismo non è sufficiente. Se, ad esempio, il tasso di umidità è molto alto, il sudore evapora lentamente e quindi il corpo non si raffredda in maniera efficiente e la temperatura corporea può aumentare fino a valori così elevati da danneggiare organi vitali. La capacità di termoregolazione di una persona è condizionata da fattori come l’età, le condizioni di salute, l’assunzione di farmaci. I soggetti a rischio sono: le persone anziane o non autosufficienti, le persone che assumono regolarmente farmaci, i neonati e i bambini piccoli, chi fa esercizio fisico o svolge un lavoro intenso all’aria aperta.
La disidratazione è una condizione che si manifesta quando la quantità di acqua persa dall’organismo è maggiore di quella assunta. Normalmente si devono assumere tra 1,5 e 2 litri di acqua al giorno.
L’organismo si disidrata e incomincia a funzionare male quando:
- è richiesta una quantità di acqua maggiore come in caso di alte temperature ambientali per via della sudorazione
- si perdono molti liquidi, come in caso di febbre, vomito e diarrea
- una persona non assume volontariamente acqua a sufficienza in mancanza di stimolo della sete, come nel caso di bambini piccoli ed anziani.
- in caso di assunzione di farmaci che possono favorire l’eliminazione di liquidi (per esempio diuretici, lassativi).
Per questo, durante i giorni in cui è previsto un rischio elevato di ondate di calore e per le successive 24 o 36 ore vi consigliamo di seguire queste semplici norme di comportamento:
- non uscire nelle ore più calde, dalle 12 alle 18, soprattutto ad anziani, bambini molto piccoli, persone non autosufficienti o convalescenti;
- in casa, proteggervi dal calore del sole con tende o persiane e mantenere il climatizzatore a 25-27 gradi. Se usate un ventilatore non indirizzatelo direttamente sul corpo;
- bere e mangiare molta frutta ed evitare bevande alcoliche e caffeina. In generale, consumare pasti leggeri.
- indossare abiti e cappelli leggeri e di colore chiaro all’aperto evitando le fibre sintetiche. Se è con voi una persona in casa malata, fate attenzione che non sia troppo coperta.
È necessario intervenire tempestivamente perché i danni possono essere molto gravi e causare la morte.