L’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle, l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.
Il divieto di discriminazione e la salvaguardia dei diritti fondamentali sono pilastri dell’ordinamento giuridico dell’UE. Ciò nondimeno, persiste nell’intera Unione la discriminazione nei confronti di determinati gruppi.
Il Parlamento europeo è pienamente impegnato ad affrontare questo problema e a promuovere l’uguaglianza nella legislazione e nelle politiche dell’Unione.
In generale, con l’espressione “pari opportunità” si è soliti indicare il principio giuridico, sancito dalla Costituzione Italiana, che mira a rimuovere ogni sorta di ostacolo discriminatorio dalla partecipazione degli individui alla vita sociale, economica, politica e al mondo del lavoro. Si tratta quindi di una condizione di parità ed uguaglianza sostanziale introdotta per garantire a tutte le persone il medesimo trattamento e per prevenire forme di discriminazione sulla base di determinati aspetti (genere, età, preferenze sessuali, etnia, disabilità, orientamento religioso e politico, ecc.).
Ad ogni modo, nel linguaggio comune odierno tale espressione viene solitamente ricondotta al differente trattamento tra uomini e donne nel mondo del lavoro, con particolare riferimento alle discriminazioni professionali e retributive. A tal proposito, ci si intende riferire in particolar modo alle cosiddette “politiche di genere”, vale a dire tutte quelle azioni positive e misure volte a rimuovere ogni aspetto discriminatorio diretto o indiretto, sotto il profilo formale o sostanziale, che generi un trattamento ingiustificato tra persone di diverso sesso. Nel caso del contesto lavorativo, tali politiche concernono principalmente l’accesso al lavoro e alle prestazioni previdenziali, la retribuzione, il livello professionale o l’accesso agli impieghi pubblici.
Il fine delle politiche connesse alle pari opportunità, come per esempio nel caso delle azioni positive, si basa in particolare sulla ricerca di un’uguaglianza giuridica tra gli individui che elimini ogni genere di differenza discriminante nell’accesso e nella partecipazione alla dimensione sociale, economica e politica della vita quotidiana.
Nel 2000 il Parlamento europeo, la Commissione europea e il Consiglio hanno pubblicato la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Si tratta di un documento che sancisce i diritti e le libertà fondamentali riconosciuti dall’Unione europea.
Il trattato prevede inoltre che l’Unione europea aderisca alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e stabilisce l’obbligo di:
- rispettare i diritti fondamentali all’interno dell’Unione europea
- promuovere e consolidare i diritti umani nell’azione esterna dell’UE
Il Consiglio assicura che, nell’elaborazione della legislazione e delle azioni dell’UE, si tenga conto dei diritti fondamentali. Si adopera inoltre per la promozione dei diritti umani nelle relazioni con i paesi terzi e le istituzioni internazionali, nonché nella negoziazione di accordi internazionali.
Diritti delle persone con disabilità
L’Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della collettività. L’Unione è parte contraente della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e svolge un ruolo importante per la promozione, la protezione e il monitoraggio dell’attuazione della Convenzione.
Lotta al razzismo e alla xenofobia
Il Parlamento europeo è fortemente impegnato nella lotta al razzismo e alla xenofobia. Ha invitato l’Unione e i suoi Stati membri ad adoperarsi per prevenire e combattere il razzismo e la xenofobia mediante l’educazione, promuovendo una cultura del rispetto e della tolleranza.
Diritti delle persone LGBTQ+
Il Parlamento europeo ha chiesto a più riprese una politica pluriennale globale per la tutela dei diritti fondamentali delle persone LGBTQ+. La Commissione ha pubblicato un elenco di interventi intesi a promuovere l’uguaglianza delle persone LGBTQ+ nell’intera Unione.
Quando la gente non conosce bene i diritti umani, si possono avere abusi come la discriminazione, l’intolleranza, l’ingiustizia, l’oppressione e la schiavitù.
Risulta paradossale come proprio il multiculturalismo, uno dei motori del cambiamento in senso positivo del mondo globale, per altro verso possa costituire un ostacolo all’universalizzazione. Ovviamente universalità non vuol significare “condivisione” da parte di tutti, bensì uguale rispetto per tutti, uguali possibilità nel poter accedere ai diritti che consentano la protezione dell’individuo, con riferimento esclusivo alla sua dignità di essere umano.
In ogni caso, la tendenza riguardo al tema dei diritti fondamentali dovrebbe essere sempre quella del loro effettivo riconoscimento, non tanto quella di un ampliamento del “catalogo”, il quale risulta già sufficientemente adeguato e proporzionato alle esigenze degli individui ed alle sfide della contemporaneità.
Alla luce di quanto finora esposto, dunque, il moderno Stato costituzionale potrà definirsi democratico in senso stretto solo nel preciso momento in cui verranno pienamente soddisfatte le esigenze che stanno alla base delle richieste di protezione da parte degli individui. Affinché ciò avvenga, risulta necessaria ed imprescindibile una sempre maggiore partecipazione da parte della comunità di un dato territorio alle scelte politiche. E questa partecipazione dovrebbe riguardare chiunque, in primo luogo le minoranze, che spesso, all’interno delle regole del gioco democratico, appaiono totalmente schiacciate, incapaci di poter esprimere la propria posizione rispetto a questioni che risultano decisive, tanto per lo sviluppo della personalità dell’individuo quanto, contestualmente, per il benessere della collettività.